Gli Influencer esistono o no? Lo dirà un algoritmo (forse)

Gli Influencer esistono o no? Non siamo soli nell’Universo

Ma questi benedetti influencer esistono? E se sì, chi sono? Dove vivono, come vivono, ma soprattutto

COSA INFLUENZANO?

Quante volte vi siete fatti questa domanda?

Sì, ok…Non è che uno la mattina si sveglia, si prende il primo di una lunga serie di caffè della giornata e la prima cosa a cui pensa – prima ancora di addentare il cornetto – è se esistano gli influencer o meno.

Eppure, chi lavora sul web come blogger e socialmediaqualcosa sa bene che questa categoria di essere mistici esiste e vive con noi, accanto a noi, forse a volte in un’altra dimensione.

Tipo quella di Linkedin, dove tutti sono influencer, evangelist, ambassador e vattelapesca vari.

In verità il confine tra l’essere un influencer e non esserlo è molto labile.

E’ un confine sottile-sottile, non visibile ad occhio nudo o perlomeno difficile da catalogare senza dati alla mano.

Eppure sul web, navigando qua e là, è tutto un fiorire di persone che si auto-definiscono (badate bene, ho scritto “auto-definiscono”) influencer.

Fonte immagine: apclick.it

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Al che è legittimo domandarsi quali siano le caratteristiche minime indispensabili per dichiararsi influencer.

Perchè sotto-sotto influencer lo siamo un po’ tutti: c’è sempre qualcuno che influenziamo più o meno apertamente, con consigli o frecciatine, con modi di dire e osservazioni varie.

Allora gli influencer siamo noi? Lo siamo tutti? Difficile dirlo.

Fonte immagine: blog.makkie.com

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Gli Influencer: una categoria di difficile interpretazione

Ultimamente mi è capitato di leggere più volte degli interessantissimi articoli di guru del settore web/marketing/blogging che seguo e che si sono impegnati nel tentativo di dare una definizione più precisa del fenomeno.

O che comunque hanno tentato di capire in maniera più “scientifica” chi diavolo fossero gli influencer del 2016.

Vi riporto le loro osservazioni che, sicuramente, troverete molto interessanti.

Matteo Pogliani di My Social Experience ha addirittura dedicato un libro all’Influencer Marketing.

Il libro, dal titolo “Influencer Marketing, Valorizza Le Relazioni E Dai Voce Al Tuo Brand”, affronta in maniera completa e approfondita un tema raramente affrontato in altri testi (se si escludono quelli d’Oltreoceano).

Soprattutto Pogliani, nel testo, si interroga in maniera pratica su quello che è il reale utilizzo degli influencer da parte del mercato (leggi brand/aziende) a livello di marketing.

Perchè è chiaro che se una persona è in grado di influenzare le masse sarà anche in grado di produrre vendite e dunque introiti per un’azienda (o per se stesso).

Ma tutti coloro che si definiscono influencer lo sono davvero?

O fingono di esserlo solo perchè hanno influenzato la figlia del cugino di terzo grado convincendola a comprarsi i pantaloni di Zara anzichè quelli di H&M?

 

gli influencer: tipologie

Riccardo Esposito, guru di My Social Web, nel suo articolo “Cosa significa essere influencer”  definisce gli influencer in maniera molto precisa: per lui essere un influencer significa avere un’idea e usare tutti i social network per diffonderla.

L’influencer ha un’idea, la diffonde, e non spreca risorse per promuovere bandiere e banderuole.

scrive Esposito. E addirittura si spinge oltre, facendo una vera e propria discriminante tra blogger e influencer (perchè ovviamente, ma lo capite già da soli, l’uno non esclude l’altro ma non è detto che la stessa persona ricopra entrambi i ruoli).

Riccardo Scandellari, altra personalità di rilievo del settore, ha affrontato più volte il tema degli influencer e del loro mondo.

Nel suo articolo intitolato “Chi sono i veri influencer?”, Scandellari ha spiegato al meglio il fenomeno con poche, semplici frasi che vi riporto.

Secondo il recente rapporto “2015 Trust Barometer” redatto da Edelman, più grande agenzia di relazioni pubbliche del mondo, si scopre che è vero che giornalisti e blogger esperti di determinati temi hanno la possibilità di convincere e trasmettere fiducia su un determinato bene o servizio, ma che se la vogliamo mettere sulla capacità di influenzare qualcuno nell’acquisto e meglio rivolgersi all’utente finale. Siamo tutti influenzati da amici, famigliari e legami forti, nessun blogger di fama riuscirà dove riescono loro, attraverso una comunicazione in cui le nostre difese sono completamente abbassate e la fiducia è massima.
L’azienda che riuscirà a far diventare entusiasti sostenitori i propri clienti vincerà tutto, ma per farlo dovrà diventare leader nella cura del cliente, con prodotti eccellenti e un etica percepita cristallina.

Ritorniamo al discorso iniziale dunque: gli influencer sono solo coloro che sono in grado di incanalare le vendite e le scelte dei consumatori, o sono tutti coloro che riescono a ottenere la fiducia di qualcun’altro spingendolo a compiere una determinata azione (d’acquisto, ma non solo) piuttosto che un’altra?

Insomma siamo tutti influencer o no?

Gli Influencer: nasce un algoritmo per individuarli

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Quali sono dunque le discriminanti perchè un blogger o chiunque altro possa definirsi un influencer?

Personalmente mi verrebbe da dire che chiunque abbia un pubblico – reale e possibilmente in crescita – che lo segue e ascolta i suoi consigli (e li mette in pratica), può considerarsi un influencer.

Magari anche solo nella propria nicchia, intendiamoci.

Nel momento stesso in cui esco dalla massa, mi distinguo, riesco a guadagnare la fiducia delle persone che mi seguono e riesco a orientare le loro opinioni o i loro comportamenti, allora sono un influencer.

Facile no? Per niente.

Tra il nero e il bianco ci sono infinire sfumature e anche nel mondo degli influencer non mancano i dubbi.

Fonte immagine: thesocialware.com

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Ecco allora che, per ovviare al problema (o nel tentativo di farlo), qualcuno ha pensato bene di inventare un algoritmo che possa individuare senza errore chi è un influencer e chi no.

Chi ha avuto l’ideona?

Ve lo dico subito: vi dice nulla il nome Condè Nast?

Ok, per chi non lo sapesse è una delle case editrici più potenti del pianeta, quella che pubblica alcune fra le riviste più note dell’editoria americana e mondiale, tra cui Vogue, Vanity Fair e The New Yorker.

Insomma Condè Nast, forse nel tentativo di mettere ordine nel caos degli influencer veri o sedicenti, ha annunciato un accordo stipulato con Influential, una piattaforma di influencer marketing e partner sviluppatore di Ibm Watson, grazie al quale l’editore utilizzerà la piattaforma Watson per permettere ai clienti inserzionisti di entrare in contatto più efficacemente con il pubblico sui social media e di guadagnare insight misurabili sulle campagne.

IBM Software Executive Briefing Center – Roma – Progetto Iosa Ghini Associati – fotografo Santi Caleca

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L’azienda utilizza Personality Insights di Ibm per analizzare dati dal feed di social media di una personalità popolare sul web e identificare le caratteristiche chiave che incontrano il favore di una tipologia precisa di consumatori.

Dunque un algoritmo sarà in grado di smascherare i finti influencer che, dichiarandosi tali, intascano fior fiori di quattrini dalle aziende per pubblicizzare questo o quello?

Non so quanto un freddo algoritmo possa mettere un po’ di ordine in tutto questo marasma.

Perchè se è vero che nell’influencer marketing contano i numeri, è pur vero che le relazioni contano ancora di più. E non è detto che una personalità che ha un’elevata popolarità social possa garantire un’elevata qualità di relazioni con i propri fans o followers.

Insomma, un ulteriore passo avanti…o indietro?

Attendiamo ulteriori sviluppi!

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