Corso di Laurea per diventare Influencer: realtà o business?
I corsi per diventare gli influencer di domani si moltiplicano, ma la nascita di un vero e proprio Corso di Laurea scatena la polemica: cosa c’è di vero e cosa dobbiamo aspettarci?
Il mondo dell’istruzione e, soprattutto, quello dei social è interessato in questi giorni da un piccolo terremoto mediatico scatenato dalla notizia della nascita del Corso di Laurea triennale per diventare influencer.
La prima reazione, così a caldo, è stata piuttosto di pancia: i più hanno iniziato a ridere della cosa, mentre molti altri hanno liquidato la faccenda in maniera piuttosto superficiale additando la cosa come “inutile e ridicola”.
Ma come, adesso per imparare a non fare nulla sui Social serve anche una Laurea?
Questa è stata una delle frasi più ricorrenti. Inutile dire che la maggior parte delle critiche è arrivata dai non addetti ai lavori, da persone comuni che usano i social per passare tempo o mantenere i contatti con la propria cerchia di amici, ma non sono mancate le critiche anche da alcuni insider e, ovviamente, da parte dei tanti, tantissimi ragazzi laureandi o appena laureati in discipline più tradizionali.
Persino a Striscia la Notizia si sono occupati della questione, montando un servizio che sembrava realizzato appositamente per screditare la figura dell’influencer, liquidando sostanzialmente il corso di laurea appena lanciato come una stupidata clamorosa. Se ve lo siete perso lo trovate QUI.
Ma facciamo un piccolo passo indietro e cerchiamo di capire insieme da dove è partito tutto.
Nasce il percorso influencer della Laurea in Scienze dalla Comunicazione
Questo è il titolo dell’articolo pubblicato sul blog dell’università e-Campus che ha lanciato l’iniziativa.
Nella descrizione che introduce il nuovo corso di Laurea leggiamo chiaramente l’intento del percorso di studi:
Il nuovo percorso Influencer del corso di laurea in Scienze della Comunicazione fornisce le competenze e gli strumenti necessari per affrontare adeguatamente quello che potremmo definire il nuovo marketing, quello social, “influenzale”, che sta progressivamente scalzando il marketing tradizionale.
Dunque la prima cosa che salta all’occhio è che il nuovo corso di Laurea per diventare Influencer non è un Corso di Laurea dove imparare a farsi i selfie con la bocca a culo di gallina o come comprare followers dal Turkmenistan, ma un percorso di studi focalizzato sul marketing “non convenzionale” inserito all’interno della più classica facoltà di Scienze della Comunicazione.
Che, a sua volta, non è altro che il percorso di studi forse più intrapreso da chi desidera lavorare proprio nel mondo della comunicazione e del giornalismo.
Infatti, proseguendo nella lettura degli obiettivi del corso e della sua didattica, si evince chiaramente che il Corso di Laurea mira a formare i comunicatori di domani, coloro che dovranno saper approcciare il mondo del marketing e della comunicazione in modo innovativo e al passo con i tempi, non rimanendo più ancorati al modello di comunicazione classico, ma interpretando e inglobando i nuovi processi comunicativi adottati nell’ambito del digital e del social marketing.
Ergo non si tratta di un corso di laurea assurdo come molti pensano, inutile e superficiale, bensì un percorso di studi accademico a testimonianza di come finalmente anche le istituzioni universitarie (almeno quelle digitali) stiano ammettendo il cambiamento della comunicazione, adattando la propria offerta formativa.
Tant’è vero che leggendo la proposta formativa si può vedere immediatamente come comprenda materie essenziali per chi desidera lavorare nella comunicazione, digitale e non.
Accanto a materie considerate più tradizionali, nonché fondamentali per porre le basi di una formazione completa nell’ambito comunicativo, come Estetica della Comunicazione e Filosofia dei Linguaggi, trovano posto materie più proiettate verso le nuove esigenze del mercato contemporaneo, come Marketing Automation, Reputation Management e Web Content Marketing.
Anzi, vi dirò di più: a fronte della vasta offerta formativa che comprende materie classiche come la psicologia della comunicazione e il diritto sindacale e delle relazioni industriali, avrei anche aggiunto ulteriori materie per specializzare ancora di più il corso di Laurea, ma comprendo come all’interno di un percorso formativo di stampo accademico sia difficile divincolarsi del tutto dalle basi più tradizionali.
Quello che però continua a stupirmi è la reazione del “popolo” alla notizia della nascita di questo corso di Laurea. E’ chiaro che chiunque abbia criticato la scelta di e-Campus non si sia preso la briga nè di leggere per bene cosa offre questo Corso, nè tantomeno di approfondirne la didattica.
Quello che subito è saltato all’occhio, invece, è stata la parola INFLUENCER. Ma perché c’è così tanta disinformazione in questo ambito e anche parecchi luoghi comuni che rendono i più decisamente prevenuti?
Analizziamo insieme le possibili motivazioni.
INFLUENCER: ma di cosa si occupano veramente?
Facciamo una prova: se vi dico la parola INFLUENCER, chi vi viene in mente? A molti sicuramente Chiara Ferragni, ad altri personalità più complesse come Michelle Obama o magari Greta Thumberg, ad altri verrà in mente qualche Youtuber o Instagramer famosa, magari Camilla Hawke, ad altri – magari appassionati di calcio – verrà in mente Cristiano Ronaldo, mentre gli amanti della musica pop mi diranno forse Rihanna.
Parliamo di personalità completamente diverse tra loro, che agiscono in settori differenti – dalla moda alla politica, dall’ambiente al make up fino al mondo del wellness, dello sport e della musica. Eppure tutti hanno in comune una cosa: centinaia di migliaia, persino milioni di persone che li seguono, che sono partecipi della loro vita e dello loro attività grazie a ciò che condividono sui social, che si fidano di loro e sono pronti a seguirne i consigli.
Quante ragazze, in tutto il mondo, seguono Chiara Ferragni, si ispirano alla sua carriera, ai suoi look e sognano grazie alle foto che posta su Instagram mentre volta da Parigi a New York, da un front row all’altro?
Quanti ragazzi, in tutto il mondo, hanno ascoltato su internet le parole di Greta sull’importanza di lottare contro il Climate Change e la supportano manifestando ogni venerdì con il movimento dei FridaysForFuture?
Quanti ragazzi in tutto il mondo sognano di imparare a giocare a calcio come Cristiano Ronaldo, ne seguono i consigli in tema di fitness, alimentazione e stile? Quante di noi hanno ammirato Rihanna nei suoi video, nei suoi cambi look, nella sua lotta contro le etichette sulla bellezza femminile, hanno gioito per la creazione della sua linea di abiti sporty?
Anche se in modo diverso, stiamo parlando in tutti i casi di INFLUENCER, persone che grazie alla loro attività hanno conquistato una risonanza mondiale e riescono a smuovere enormi volumi di opinioni e sì, anche di acquisti. Persone che hanno una grande visibilità certo, ma che prima di tutto hanno saputo conquistare la fiducia dei loro followers.
Si tratta di casi eclatanti, ma scendendo nel mondo dei micro e nano influencer la cosa non cambia e il procedimento è lo stesso: non occorre avere milioni di seguaci, ne bastano anche poche migliaia che ti apprezzano, ti supportono e seguono i tuoi consigli.
Gli influencer non sono quelli che si autoproclamano tali; che non hanno engagment ma chiedono cifre assurde ai brand per collaborare con loro; che elemosinano inviti e prodotti gratuiti per poi far credere che ne sono stati omaggiati; che scrivono OFFICIAL accanto al proprio nome come se fosse uno stemma del quale fregiarsi. E, soprattutto, gli influencer non sono quelli che raccontano di avere tutto gratis perché hanno 100mila followers fake.
Questi non sono influencer, sono persone a caccia di notorietà e, vi assicuro, non smuovono nè opinioni nè tantomeno volumi di vendita e nessuno li paga per fare questo, anche se loro ovviamente vi diranno il contrario.
I veri influencer invece, che siano famosi o più di nicchia, riescono ad avere un ruolo preponderante nella loro cerchia dei simili, riescono a “influenzarne” le azioni e i consumi, così come le opinioni, godono di stima e credibilità e azzerano in molti casi la distanza tra brand/azienda e consumatore, per questo hanno così tanta importanza.
Dati alla mano, ormai è noto come la stragrande maggioranza dei consumatori di oggi si fidano di più delle opinioni che trovano in rete, nei forum, sui social e all’interno della propria cerchia dei pari, piuttosto che delle pubblicità televisive o degli slogan sensazionalistici.
Ecco allora che, in quest’ottica, la figura dell’influencer assume tutta un’altra rilevanza, soprattutto se si pensa che proprio quest’anno è nato – grazie a Matteo Pogliani – un osservatorio ad hoc, l’ONIM (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing) con l’obiettivo di informare e fare divulgazione sui temi legati all’influencer marketing, proponendo best practice e dati sulla situazione del mercato italiano.
Gli influencer di domani: cosa aspettarci?
Detto questo, risulta ormai chiaro come e-Campus abbia in un certo senso voluto giocare – probabilmente di proposito – sul titolo del Corso di Laurea, facendo leva sulla volontà dei moltissimi giovani che ad oggi sognano di diventare gli influencer di domani, molti di loro credendo erroneamente che sia un mondo facile, ignorando quanta preparazione ci sia invece dietro.
Ma appurato che il Corso di Laurea per diventare Influencer non sia affatto il male assoluto, anzi, ci sono degli aspetti meno positivi da considerare, primo fra tutti il tempo.
Sembra una banalità ma non lo è: un Corso di Laurea che dura 3 anni preparerà figure professionali già datate una volta uscite dalle aule e questo è un dato di fatto. Nel mondo della comunicazione digitale esiste il qui e ora, e quello che vale oggi non è detto che sarà ancora valido tra 1 anno, a maggior ragione dopo un triennio.
Questo è uno dei primi punti di debolezza di questa offerta formativa. Il secondo è altrettanto importante: può un corso di Laurea insegnare – letteralmente – ad avere quelle doti di carisma, capacità comunicativa, leadership ed empatia che sono fondamentali per essere un vero influencer?
La risposta naturalmente è no, perché non sono cose che si imparano. O ce l’hai o non ce l’hai, un po’ come il talento per la scrittura o la fotografia, le doti canore o una mente brillante in campo matematico. Però sono tutte qualità che, se presenti, possono essere allenate, migliorate e amplificate.
Tra l’altro, a ben vedere, e-Campus non si è inventato nulla: esistevano già corsi per diventare Influencer, ne aveva lanciato uno Condé Nast tempo fa,
ma anche l’Accademia del Lusso ha lanciato da poco il suo corso professionale per diventare influencer, il Fashion & Luxury Influencer, decisamente più breve e incentrato su alcuni aspetti legati all’immagine e al cool hunting.
Cosa aspettarci dunque per il futuro?
A mio parere, visto che quello dell’influencer marketing è un mondo ormai consolidato e in continua espansione, ben vengano corsi di studio che preparino in modo più professionale chi vuole intraprendere questo lavoro che così sarà sempre meno improvvisato e sempre più efficace sia per chi lo svolge, sia per le aziende che ne usufruiranno.